martedì 16 novembre 2010

Se il passato è passato: la Lambretta

La Lambretta, si sa, è uno di quei veicoli entrati nella mitologia delle due ruote e nel costume della nostra società. Personalmente, con la scusa che mio nonno era meccanico Piaggio, ho sempre nutrito una maggiore simpatia per la Vespa, ma le doti e il fascino della Lambretta non sono mai state messe in discussione neppure dai vespisti più accaniti e poi non si è mica obbligati sempre a fare questi confronti che, ormai, è un po' come chiedere se vuoi più bene a mamma o a papà. C'era da aspettarsi, dunque, che qualcuno cercasse di colmare il vuoto lasciato dall'interruzione della sua produzione e dalla chiusura degli stabilimenti Innocenti, i cui scheletri ancora oggi fanno parte del landscape meneghino in zona Rubattino. Il marchio Lambretta è, così, magicamente riapparso quattro anni fa, accarezzato da Valeria Marini quale testimonial e appiccicato sulle poco nobili plastiche di uno scooter cinese di dubbio gusto estetico e chiamato Pato. Si trattò della prima operazione da parte del Motom Electronics Group (che come avrete intuito non si preoccupa di recuperare solo la Lambretta) di riesumare lo storico brand milanese, ma, nonostante il prezzo d'attacco, l'accoglienza fu tiepida per due motivi:
1. era brutto
2. si vedeva che era cinese a 100 metri di distanza.
Non ne faccio una crociata contro i prodotti della Repubblica Popolare Cinese, si tratta più che altro di una constatazione di un livello di qualità percepita inferiore alle aspettative medie, si tratta anche e soprattutto di immagine, perché la qualità, quella più funz
ionale, ha bisogno di essere comunicata da una qualità, se vogliamo, dell'apparenza. Un oggetto che appare povero non stimola le fantasie di chi deve comprare, specie quando si pone come una riedizione di un mito del passato e che, quindi, deve vivere più che altro proprio di fantasie. Certo il discorso sarebbe troppo lungo e preferisco chiuderlo qui per non annoiare ulteriormente, anche perché il motivo di questo post è un altro, ovvero che la Lambretta è tornata. L'abbiamo vista lo scorso anno come prototipo accompagnata pure da Gigi D'Alessio, l'abbiamo re-incontrata quest'anno all'EICMA in versione definitiva e la state vedendo nelle foto allegate.
Il desiderio di ricollegarsi agli antichi fasti è ancor più evidente con una linea che emula, in particolare, quella dei modelli della seconda metà dei Sessanta, come LI, SX e J. A differenza della precedente Pato, dunque, la nuova LN 125 e 150 si lascia dunque guardare. Anzi si rimane proprio incuriositi, si vorrebbe capirne di più di questo scooter evocativo. Peccato che anche la presentazione, però, sia più che altro evocativa e dica poco o nulla sul prodotto. Il comunicato ritorna a raccontarci i successi storici della mitica Lambretta, ma della nuova ci dice solo che ha un motore monocilindrico 4 tempi, 2 valvole, ruote da 12”, freno a disco anteriore e a tamburo posteriore e che è garantita 2 anni. I veicoli vengono distribuiti da un concessionario di Napoli: www.area101srl.com; benché su questo sito non ne venga ancora fatta menzione. Rimaniamo turbati da frasi tipo “dettagli di stile, che hanno fatto tendenza nella storia dello scooter” in riferimento alle plastiche di un nuovo modello, e che ci fanno rimpiangere gli spot in cui il mitico Quartetto Cetra intonava il “Lambret-twist”! Quella sì che era comunicazione! E quella sì che era una Lambretta.



Certe volte, perciò, mi chiedo: se il passato è passato perché fare operazioni che speculano semplicemente sull'immaginario legato a un marchio anziché inventare qualcosa di nuovo? E, soprattutto, perché nessuno lo dice? E perché mai dovrei desiderare questa "finta" Lambretta? Lo so, mi faccio sempre troppe domande.




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