lunedì 24 maggio 2010

La mia telecronaca della MotoGiPì: round 3 Le Mans


Per il III round del motomondiale, mi sono trasferito, temporaneamente, in Romagna. Era mio desiderio rilassarmi e mio fratello, il Lord, me ne ha offerto l'opportunità: un week-end al mare. Ho accettato al volo, ma avrei dovuto insospettirmi, avrei dovuto sentire la puzza di bruciato o, quantomeno, quella dei pannolini di Chicco, la mia piccola, spassosa e maleodorante fregatura: un pupo di 15 mesi che non riesce ancora a dire “zio”, ma che ha già le idee chiare su quello che vuole o su come non farti seguire la MotoGP. Il week-end prevedeva, se non fosse ancora chiaro, il servizio di baby-sitting.

giovedì 20 maggio 2010

La vita è la strada più bella

Così recita la home page del sito della Moto Morini, uno dei marchi storici del motociclismo italiano, del quale è stato dichiarato il fallimento. Permane l'incertezza sul futuro del marchio e delle persone oltre che l'amarezza per un'altra avventura che si ferma, per un altro pezzo di storia, della nostra storia, che se ne va e per i sogni motociclistici che vanno in frantumi.

Vorrei rapidamente ripercorrere quella strada che ha portato la Moto Morini fino ai giorni nostri, primi di affrontare eventuali riflessioni o ipotesi sul suo futuro.

La Moto Morini nasce nel 1937, per opera di Alfonso Morini. Giovanissimo, dal 1914 aveva maturato esperienza nei motocicli e dal 1925 era entrato in società con Mazzetti con il quale aveva portato al successo sportivo la MM 125. Inizialmente si dedica alla costruzione di veicoli utilitari e motocarri. Le esigenze belliche portano Morini a convertire la produzione, ma nel 1943 l'azienda viene bombardata.

Nel 1946, Morini si rimette a costruire moto a Bologna ottenendo immediati risultati sportivi con le 125. Tuttavia la prima moto stradale vera e propria è la Tresette 175, dalla quale in seguito arriverà il famoso Settebello Aste Corte che porterà al debutto un giovanissimo Giacomo Agostini. E' il 1958 quando Morini costruisce la monocilindrica più veloce del mondo, la 250 Bialbero, che sfiora il titolo mondiale nel 1963 con Provini.

Negli anni successivi arrivano modelli entrati a far parte della storia del motorismo, come lo Sbarazzino 100, ma soprattutto la Corsaro 125 e il Corsarino 48, che rimane in produzione dal 1963 al 1977.

Nel 1969 scompare Alfonso Morini e la direzione dell'azienda è assunta dalla figlia Gabriella. L'anno successivo fa il suo ingresso Franco Lambertini, padre del bicilindrico a V 72° che dà alla Morini nuova giovinezza e incredibile popolarità nel decennio successivo e intorno al quale nasce la mitica 3 1/2.

Gli anni Ottanta, però, sono difficili; la Moto Morini fatica a tenere il passo di una concorrenza che può contare su maggiori investimenti e, benché alcuni modelli come Camel e Kanguro
abbiano una cerchia di affezionati, si avvia verso una rapida discesa. Il bicilindrico a V comincia a invecchiare e mancano le risorse per un rinnovamento, così nel 1987 l'azienda viene rilevata dalla Cagiva, che in quel periodo possiede anche la Ducati. Il risultato sono modelli anonimi come la Dart, una Cagiva Freccia su cui viene montato il bicilindrico Morini 350. Nel 1993 la produzione viene interrotta.

Il marchio, rimasto di proprietà della Ducati, nel frattempo passata sotto il controllo della TPG, viene riacquistato, nel 1999, dalla Morini Franco Motori, azienda fondata nel 1954 da un nipote di Alfonso Morini. Viene richiamato al lavoro anche Franco Lambertini, che riprende lo sviluppo dei concetti a lui cari di bicilindrico a V. Il Bialbero Corsacorta è il risultato di questi studi; i gradi tra i cilindri diventano 87 e la cilindrata arriva a 1.187 cc, per una potenza di circa 140 CV: nasce così la Corsaro, il cui design è affidato a Luciano Marabese, e prende il via il nuovo corso della Moto Morini, con i modelli che in questo ultimo decennio abbiamo imparato a conoscere e stimare, che si interrompe il 17 maggio 2010, con la dichiarazione di fallimento da parte del Tribunale di Bologna.

Come rivalutare una Buell 1125R


La cessazione di attività della Buell Motorcycles ha scioccato tutti, anche coloro che lavorano alla Magpul e che, proprio per questo, fabbricano armi. In teoria si tratterebbe di un settore meno in crisi rispetto a quello delle due ruote, ma tant'è gli omini della Magpul hanno deposto i caricatori per mitra da una parte e lo scatolone di proiettili da un'altra e si sono detti "dobbiamo fare qualcosa di violento".
Prima hanno provato a costruire delle balestre con i telai delle Lightning, ma alla fine si sono comprati una 1125R e l'hanno smontata.
Cos'hanno scoperto?
Che smontandola, la Buell 1125R diventa pure, come dicono a Milano, "un bell'oggetto".
Poi si sono montati la testa e hanno iniziato a costruire dei pezzi in proprio, altri li hanno acquistati in giro ed è scattato l'embolo dell'esercizio stilistico, delle linee spigolose che si inseguono, delle proporzioni dei volumi. Alla fine, soddisfatti del risultato, hanno deciso di chiamarlo "Ronin", il nome con cui venivano indicati i Samurai che avevano perso la fiducia del proprio padrone, che erano stati disonorati. In pratica dei disoccupati.

Da quel giorno alla Magpul nessuno ha più voglia di montare e smontare mitra, ora vorrebbero tutti smontare le motorette e fare un po' di baccano in giro. Perciò, se avete cuore, richiedete anche voi una Ronin: se il numero di ordini sarà sufficiente (o soddisfacente, dipende dai punti di vista) non è detto che non si mettano a vendere il kit.

Ve lo spediscono a casa e, benché vi siate acquistati una 1125R, potrete dimostrare di avere fine gusto estetico.





mercoledì 19 maggio 2010

Pecora nera in Irlanda


Se negli ultimi giorni mi avete visto poco da queste parti, è per un motivo preciso: non ero da queste parti. Il desiderio di assistere, infatti, alla gara su strada più veloce del mondo, la North West 200, mi ha portato a scoprire uno dei paesi europei migliori per un motociclista: l'Irlanda e, in particolare, l'Irlanda del Nord, meta fino a qualche anno fa poco invitante per ragioni estranee alla sua bellezza e oggi, finalmente, paese di cui si può godere appieno.
Sul blog gemello di Scusamamma, www.real-bikes.blogspot.com, ho postato ogni giorno di questo viaggio e, nei prossimi giorni, continuerò a parlarne con dettagli sul paesaggio e sulla gara, oltre che con le splendide foto di Max Serra. Qui sotto trovate tutti gli articoli, buona lettura:


domenica 9 maggio 2010

Complimenti Max!


Non amo particolarmente il personaggio Max Biaggi, ma quando un pilota guida come guida lui in certe occasioni, non si può rimanere indifferenti. Come oggi a Monza, in quello che è considerato il gran premio di casa per metà dei team schierati, a cominciare dal suo, da quel team Aprilia dove tutti sono vestiti come Arlecchino, anzi, pure un po' peggio. Il team sponsorizzato da una compagnia aerea, che poi è sempre la stessa azienda, il team che ha messo in pista due aerei.
Come abbiamo raccontato su Real-Bikes (clicca qui) e su Twitter in tempo reale, Max Biaggi ha vinto e lo ha meritato. Per questo vorrei fargli i miei complimenti, di appassionato e invidioso motociclista.

Per noi di Real-Bikes, la gara di Monza della Superbike è stato anche un esperimento: volevamo raccontare con i tweets le due manches in presa diretta e lo abbiamo fatto. Ora cercheremo di capire se la cosa ha un senso oppure no, se questo è o non è un futuro possibile per le "telecronache". Che a questo punto non saranno più "tele" ma "tweet-cronache". Suona strano vero?
Voi che ne pensate?

Photo credit: www.worldsbk.com

giovedì 6 maggio 2010

Roadtec Z6 fase 3: i primi 3000 km


Questo doveva essere il post dei miei primi 1000 km con le Metzeler Z6 Interact, ma il tempo e la strada scorrono rapidi, è arrivata la primavera – si fa per dire – ed è diventato il post dei 2000 e infine dei 3000 km.
Avendo coperto un terzo della percorrenza che mi sono preposto di raggiungere, mi sembra un ottimo momento per un bilancio.

In questi primi 3000 km, ho guidato in ogni situazione, quindi la valutazione può essere considerata attendibile e completa, almeno per quanto mi riguarda.

I primi metri con le Z6 sono stati accompagnati dal mal tempo: questo mi ha costretto a guidare a velocità ridotta e con estrema prudenza, anche se la patina lucida, che ricopriva gli pneumatici all'acquisto, se n'è andata piuttosto rapidamente. Sono bastati la prima corsa con una giornata decente e l'asfalto intiepidito dal sole per percepire un aumento di aderenza.

Come promesso dal costruttore, le Z6 Interact raggiungono in pochi minuti una temperatura ottimale d'esercizio e, anche quando si procede per lunghi tratti diritti, alla prima curva le spalle infondono sicurezza; e quando si esce di casa, alla prima rotatoria si tocca già la pedana, quasi fossero gomme sportive.

Ecco, il feeling è l'aspetto che mi ha piacevolmente colpito su tutto: benché si tratti di una copertura turistica, la discesa in piega è molto progressiva e comunicativa: nel caso l'asfalto sia umido, o comunque freddo, la ruota anteriore si dimostra molto sensibile e offre una certa resistenza all'aumentare dell'inclinazione, specie alle basse velocità, lasciando intendere che, insomma, non è il caso di insistere.
Il comportamento è sicuro anche in caso di pioggia: i miracoli non si possono pretendere, ma con una guida attenta, ci si sente abbastanza sicuri e non si fa la fine di Lorenzo in piscina...

Di contro la rapidità nei cambi di direzione non è certo quella di una slick, ma può bastare per divertirsi su un budello di montagna.

Per ora non sono da registrare inconvenienti di alcun tipo e posso dirmi molto soddisfatto dell'acquisto.