mercoledì 26 agosto 2009

Lo Zen e l'arte dello smadonnamento



Uno degli aspetti più piacevoli dell'acquistare motocicli che contano l'età in doppia cifra è che te ne devi immediatamente prendere cura. Non è come andare in un concessionario, passare in rassegna le bellezze appena presentate all'ultimo salone di Milano, sventolare un assegno sotto il naso del venditore e portarsi a casa l'ultimo ritrovato della tecnica dueruotista, no. Non è come ritirare la moto nuova di trinca e luccicante che trasuda tecnologia da ogni bullone nella sua colorazione "valentinorossiversuagolimitededition" e fiondarsi per strada per vedere se il limitatore mura o taglia o... No. Prendersi una moto vecchia è sofferenza, per questo è quanto di più vicino all'essenza stessa del motociclismo (o del masochismo). Non ridete per favore, ho appena iniziato. Prendere una moto vecchia avvicina alla beatitudine, perché si è certi di fare del bene a se stessi e al prossimo. La compri quando non la vorrebbe nessuno e la custodisci, così, quando dopo altri dieci anni comincerà ad apparire nei listini del mercato d'epoca, si scoprirà che è irrimediabilmente vecchia e logora. E tu a quel punto sarai certo di aver intrapreso un percorso salvifico. E se credi nella reincarnazione, beh... sarai consapevole di essere stato almeno Gengis Khan in una delle tue vite passate. In definitiva acquistare una moto vecchia avvicina a Dio, qualsiasi sia il tuo Dio. Peccato che basti farla accomodare nel tuo garage per rifarti allontanare da Dio, dal Paradiso e da ogni odore di santità, incenso compreso. Come dicevo, quando si porta a casa una moto vecchia occorre adoperarsi violenza perché non si può saltarle in groppa e tentare di trovare il fondoscala di tachimetro e contagiri contemporaneamente. Occorre pazienza zen. Un po' come rastrellare la sabbia. Bisogna accertarsi intanto che i pezzi ci siano tutti e per seconda cosa che gli organi vitali oltre ad esserci godano anche di buona salute. Dopo di che si afferra una chiave del 12, un paio di brugole a caso dal cassetto degli attrezzi, un cacciavite che serve sempre non si sa mai, e si comincia a smontare. Cosa? Non importa, tu smonta. Ovviamente le viti sono arrugginite e non le sblocchi nemmeno a calci. Dopo 4 bombolette di svitol, quando sei assuefatto dai fumi, il pezzo ti rimane in mano perché si è innescata una reazione chimica tra le molecole dello svitol e quelle della plastica del secondo paleolitico resa porosa e secca dagli anni passati nel famoso pagliaio (tutte le moto vecchie sono state in un pagliaio e prima venivano usate solo da una maestra di paese per andare a scuola per questo hanno pochi km e sono un vero-affare). Il risultato è che dove prima avevi sparato svitol ora c'è cenere. Fai un bel respiro profondo e torni sereno. Alla fine non ti importa, anzi ne sei felice perché hai appena comprato su ebay un tornio d'officina del '34 e non vedi l'ora di poterlo usare per ricostruirti i pezzi nuovi. Ovviamente la tua abilità con il tornio è paragonabile a quella di un novantenne con un game boy DS con il brain training per cui le settimane che passerai a tornire produrranno unicamente uno smisurato consumo energetico. Consumerai più corrente elettrica tu che Dalmine. Nel frattempo i tuoi amici con le moto nuove hanno già fatto il giro di mezz'Italia e cambiato tre treni di gomme mentre tu concludi che quei pezzi che volevi fare al tornio in fin dei conti non sono indispensabili. Così ti concentri sulle operazioni realmente necessarie e sufficienti per rimettere la moto su strada. Della verniciatura, degli specchietti e degli indicatori di direzione, decidi, te ne occuperai in futuro così come di rifoderare la sella da cui spunta una molla (una molla? ma che sella è?). Gli pneumatici in fin dei conti sono ancora buoni, anche se l'inutilizzo li ha resi esagonali e più che di gomma sembrino di porcellana Ming ti convinci che ci farrai comunque "la stagione", cioè i prossimi cinque anni. I freni avrebbero giusto bisogno di una revisioncina (tradotto: non esiste collegamento tra leva e pinza) ma sorridi e con sguardo beffardo ammiri il sole esclamando "i veri manici non frenano MAI". A quel punto perché mai preoccuparsi degli squarci sui silenziatori, dell'assenza di olio nella forcella che a ogni buca raglia come un somaro o del fatto che i cilindri sono in numero pari mentre i carburatori sono dispari. Nel tuo avvicinamento alla beatitudine riesci con degno a trattenere l'istinto che ti porterebbe a contare il numero delle valvole su ogni cilindro, tanto valvola più, valvola meno... In conclusione ti limiti dunque all'unica operazione realmente necessaria: metti benzina e spingi. La tua strada si illumina e avviene il miracolo: si accende. Eureka! Eureka! esclami chiamando a raccolta tutto il vicinato. Impaziente cacci dentro la prima e solo allora ti accorgi che manca la catena. A quel punto i tuoi nervi cedono tutti all'improvviso. Gli occhi pesti, vorresti frignare ma, cribbio, sei un centauro! Poi ti fai forza, sai che non puoi mollare così, proprio ora. Decidi che una catena vale l'altra e inizi a deturpare la Graziella di tua madre (che mi auguro non si chiami Graziella). Sul più bello ti accorgi però che ti mancano gli attrezzi giusti; mentalmente ne fai la lista più volte partendo sempre, è ovvio, dal ponte. Prepari la letterina a Babbo Natale, ma poi guardi il calendario Pirelli ed è agosto e aspettare cinque mesi per il kit del piccolo meccanico potrebbe essere snervante. Alla fine fai l'unica cosa che sai davvero fare: telefoni a un meccanico e gli porti la moto. Ma nel farlo usi la massima attenzione: non puoi andare dal meccanico più vicino e nemmeno nella maxi officina dove i tuoi amici hanno acquistato le loro moto nuove. Deve essere una ricerca degna del KGB. Il TUO meccanico dev'essere un perfetto sconosciuto che fa l'eremita nei boschi, un vero esperto, l'unico nell'emisfero boreale a conoscere ad occhi chiusi quel rottame che ti sei portato a casa (il tempo dei vezzeggiativi è già passato). E una volta individuato lo devi convincere. Non è che basta portargli la moto, no, lo devi impietosire perché lui si è ritirato, ora fa l'eremita e non ne vuole più sapere di moto vecchie. Ma lui conosce i sacri testi e lo zen, tu no. Così ti trasformi in checca isterica e sei pronto ad esaudire qualunque suo desiderio. Qualunque... Conscio che costui fa l'eremita e che da anni vede soltanto capre. Passeranno mesi senza che tu abbia più notizie del tuo ferro vecchio ma abilmente dissimulerai il tuo stato di non-centauro indossando occhiali scuri, cappello e un lungo impermeabile color cappuccino, glissando sulle domande di amici e parenti. Finché un giorno il trillo del telefono ti riporterà tra i vivi. Accorri carico di speranza nella capanna in mezzo ai boschi curioso di carpire i segreti del grande maestro zen, di sapere il come e il percome, il dove e il quando. Ansioso come un bimbo il primo giorno di scuola muori dalla voglia di apprendere, ma l'eremita si limita a sbuffare, grattarsi il cavallo dei pantaloni e a presentarti sul tavolo di lavoro unto un foglietto a quadretti con su scritto a lapis il prezzo della "valentinorossiversuagolimitededition" del tuo amico. Controlli e ricontrolli ed è proprio la stessa cifra esatta, come avrà fatto? Ma lui non è un indovino e quella è la sua parcella. Paghi perché ormai non ne te ne può fregar di meno finalmente hai la tua moto e questo solo conta. In fondo anche a parità di prezzo la tua è una moto da macho, una moto di carattere (faremo una puntata a proposito). Dopo tanto tempo ci sali in sella, sorridi come un'idiota, ti infili la giacca di pelle, accendi e vai... Sono i cinque minuti più belli della tua vita. Ma passano dannatamente in fretta. Al terzo tornante la catena (che ovviamente è quella di una Graziella) si snocciola come un rosario (lo stesso che mentalmente stai ripetendo infarcito di qualche intercalare) tiri il freno ma ti accorgi che non è vero che hanno inventato il collegamento wireless come ti ha detto l'eremita. Soltanto un cespuglio accorre dunque in tuo soccorso e ferma la tua nobile corsa. Una volta calato il sipario non puoi fare a meno di porti delle domande tipo "è davvero più pirla quel fighetto del mio amico?" oppure "mi fa più male il braccio rotto o la vaga idea di averlo preso nel XXXX?". Una cosa è certa tu non sei un fighetto e domani si ricomincia.

Lezione numero 3: ci sono molti modi di avvicinarsi alla beatitudine, ma la manutenzione di una moto vecchia è decisamente il più doloroso.


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