lunedì 20 settembre 2010

Ansie

Ultimamente sono un po' ansioso; capita a tutti, lo so, ma a me non capita quasi mai. Benché la natura mi abbia dotato di un'indole tanto pacifica e bonaria, di tanto in tanto anch'io vengo sopraffatto dall'ansia. Qualche lavoro che si accavalla, le cose che non vanno come vorresti, il mac che va in sbattimento e non vuole collaborare, qualche discussione eccetera eccetera, tutte cose che, purtroppo, conosciamo bene tutti. Ma io odio l'ansia, non voglio provare ansia, detesto quella stretta che ti prende sotto il petto, sulla pancia e ti schiaccia il diaframma. Non mi basta conviverci, con l'ansia, voglio vincerla, controllarla; forse chiedo troppo. Stavo giusto pensando all'ansia quando mi sono tornati alla mente un paio di episodi, avvenuti entrambi a Milano, entrambi sotto ai miei occhi e a distanza di poche ore l'uno dall'altro. Ah, e ovviamente entrambi hanno per protagonisti altrettanti motociclisti.

1. Ansia da semaforo
Circonvallazione, corsia preferenziale: chi è di Milano sa bene di cosa sto parlando. Dopo essermi liberato di un filobus scorgo il semaforo successivo che da giallo matura e diventa rosso. Scalo, rallento, mi fermo rilassato, piede a terra, mi guardo attorno. Uno scooter arriva alle mie spalle arrembante, mi affianca ma non ci sta ad attendere come me, come gli altri pirla che se ne stanno fermi ad aspettare che il sistema dica loro cosa fare. Lo scooterista in questione è un ribelle, ed è in tensione; per un attimo si arresta mentre le auto alla nostra destra approfittano della via libera e attraversano la corsia, ma si vede che soffre, che lui non ci sta. Appoggia persino il piede, ma mette giù solo la punta, sembra tenere il tempo ascoltando uno speed metal degli Anthrax. Si guarda a destra e a sinistra, solletica il gioco del comando del gas per accertarsi della reattività del suo monocilindrico 250. Ho visto piloti sulla drag strip meno pronti a spalancare i carburatori di questo tizio che, probabilmente, ha la sciolta, altrimenti non mi spiegherei tanta premura. Mi guardo attorno e controllo il colore del semaforo: rosso che più rosso non si può. Mi preparo a tirare la frizione quando vedo che l'ansioso parte. Sì ma per dove? Parte per incrociare la portiera sinistra di una Punto che nel frattempo ha gettato il cuore oltre l'ostacolo, ovvero l'evidente giallo intenso del semaforo dall'altra parte. I due si scontrano, vittime della medesima ansia. Per fortuna lo scooterista si rialza solo un po' ammaccato e mi propongo di fermarmi per vedere se sta bene, ma rinuncio subito perché vedo che l'ansia non è venuta meno: nemmeno il tempo di rialzarsi da terra che già volano gli insulti. Metto la prima, schivo qualche pezzo di vetro, e me ne vado verso casa.

2. Ansia da parcheggio (detta anche ansia della stampella)
Questo tipo di ansia è uno dei più comuni tra i motociclisti. In genere è più forte nei centauri alle prime armi e va via via scemando con l'esperienza anche se, ammettiamolo, non ti abbandona mai. E' l'ansia di non aver messo bene la stampella, il cavalletto, vuoi per una pendenza, vuoi per la ghiaia, vuoi per il terreno cedevole. Con questa ansia il motociclista impara a convivere, altrimenti è spacciato.
La dimensione dell'ansia da parcheggio è, ad ogni modo, inversamente proporzionale all'età della motocicletta (non del motociclista!): quindi a motociclo nuovo corrisponderà ansia maggiore.
Sono fermo al solito bar (beh, uno dei soliti bar) in una di quelle vie strette, con i marciapiedi stretti e pieni di bici e motorini e la strada piena di auto parcheggiate su entrambi i lati. Sono fermo all'esterno del bar quando arriva una moto ed essendone cultore osservo. Si tratta di una nuova fiammante Triumph Thruxton, probabilmente ritirata il giorno stesso da tanto è lucida e odora di plastica e officina da dieci metri di distanza. In sella un fighetto in trench e casco jet finto d'epoca, accompagnato da ragazza abbinata (non si capisce se gliel'hanno venduta con il trench o con la moto). Si ferma prima di salire sul marciapiedi, ci ragiona un po' su, fa scendere la compagna, e... ed entra in sbattimento. Dopo circa dieci minuti è riuscito ad arretrare di quei 50 cm che gli consentono di salire dal passo carrabile. Dopo altri cinque passa tra il muro e i pali che delimitano il passo carrabile e avanza punte a terra. Nel mentre la fanciulla aggira le macchine parcheggiate e sale sul marciapiedi, davanti al suo uomo, e inizia a dargli preziose indicazioni. Dopo innumerevoli manovre, manco la Thruxton fosse la Costa Fortuna, il nostro british riesce a mettere la stampella. Scende e verifica che la moto sia stabile. Serra il bloccasterzo e ri-verifica che la moto sia stabile. Si toglie il casco, ma ora ce l'ha in mano e gli dà impiccio perché non può accertarsi che la moto sia stabile. Infine, come un abile prestigiatore, estrae un bloccadisco e, dopo alcuni tentativi, lo inserisce a dovere. Lascia la moto al suo destino, ma malincuore e nel tempo di attraversare la via si gira almeno 5 volte a guardare se è ancora lì (il che significa più di una volta al metro). Superato l'imbarazzo del parcheggio si sistema il ciuffo e si avvicina al bar, presso il quale la ragazza ha già incontrato gli amici che gli comunicano che vanno in un altro bar "che cioè, qua capito c'è un'altra situazione".
Mestamente il nostro ritorna verso la moto e avvia il procedimento inverso a quello appena concluso. Sgancia il bloccadisco, si rimette il suo bel caschetto e inizia il balletto per uscire dal marciapiedi. Alla fine riuscirà a scendere tra ben due auto, rischiando che la moto tocchi pure sotto! Un'avventura da raccontare ai nipoti.

Non posso che provare un misto di tenerezza (più per il secondo che per il primo) e di compassione per i due protagonisti involontari di questi aneddoti, che si trovano a non vivere il buono dell'andare in moto e non riescono a godere dell'esperienza dell'andare in moto. Ripensando alle loro opposte ansie, ho realizzato che se c'è un momento in cui non provo ansia è proprio quando sono in moto, quando stringo il manubrio e guardo avanti, più lontano che posso. Ecco perché ritengo che la moto sia un ottimo ansiolitico, ecco perché mi piace viaggiare e stare in sella più che posso.

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