lunedì 21 dicembre 2009

Ricordi dall'ottantacinque



I piatti sbuffano sul lavabo con la padella, in attesa come passeggeri alla fermata del tram.
Attendono e nel frattempo rimbrottano soffocati gli uni dal grasso gli altri dalle sciarpe.
Bevo un bicchiere di vino e nevica. Porcoboia se nevica.
Guardo fuori dalla finestra: saremo più o meno a mezzo metro ormai. Scende ininterrottamente dalle 15... Alzo il volume dello stereo per sentire un po' meno il freddo che attraversa il vetro (stanno passando Psycho Killer dei Talking Heads: che sia un caso?).

Sono passati 24 inverni ma il ricordo non può che andare a quel 1985. Allora la neve mi divertiva: berretta rossa di lana ben calata in testa, giacca a vento rosso blu lucida e soprattutto bob rosso che pareva una Ferrari, con tanto di freni e sellino imbottito quasi quanto le mie guance da "pischello". Anche allora a tirarmi, a fare il lavoro sporco, era il mio team manager di fiducia: mio fratello. Avevo già la mentalità del pilota e impartivo ordini chiari. Che rompiballe.
Più tardi quel bob divenne la minicross Morini e poi il motorino e poi la moto. In ogni caso c'era sempre il mio team manager personale con i miti consigli e in fondo anche oggi è così e un giro in moto senza di lui che a ogni sosta mi raccomanda prudenza ha la metà del gusto. Sarà questione di abitudine? Chissà...

I vasi sul terrazzo ormai non si vedono più e i camini sui tetti di questo quartiere, uguale a tutti gli altri o pure peggio, spuntano appena con la testa e sbuffano bianco affannati.
Non è che non nevichi mai, anzi per i miei gusti nevica pure troppo. E non è che non si sapesse: il week-end aveva già offerto la sua dose di bianconatal e ieri i meteorologi con la precisione di biologi genetici si erano raccomandati di non prendere l'auto perché per le 3 si attendeva l'abbondante nevicata. E infatti i milanesi cosa hanno fatto? Tutti in macchina: chi in colonna, chi alle prese con manovre autodistruttive chi con i paraurti incastrati allo stop. Dal punto di vista sociologico la neve a Milano è sempre un esperimento interessante: Benché nevichi dalle due alle dieci volte l'anno è sempre come fosse la prima volta e la gente non sa più che fare, presa alla sprovvista. Voglio dire, mica è uno tsunami o un terremoto che non te lo aspetti...

Se un quarto di secolo fa la neve mi divertiva ora la vivo come un impiccio inutile. Le ho tolto tutta la poesia, ora è semplicemente un impedimento alla mia giornata di lavoro, ai miei impegni, ai miei spostamenti. Oggi è una rottura di balle, una delle peggiori.
Ma non stasera, stasera è solo un ricordo che passa da un vetro mentre io me ne sto qui con il mio bicchiere di vino. I piatti aspetteranno, come i passeggeri del tram.

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